Ilaria capua

virologa e ricercatrice

Dopo la laurea in Medicina Veterinaria conseguita all’Università di Perugia a soli 22 anni, Ilaria Capua decide di fare la ricercatrice. Si specializza all’Università di Pisa e consegue poi il dottorato all’Università di Padova. Ed è presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie che, assieme al suo gruppo di ricerca, sviluppa la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria.

Con l’idea che la scienza è di tutti, ed i suoi risultati pure,  decide, sfidando il sistema, di depositare la sequenza genetica del primo ceppo Africano del virus dell’aviaria, una patologia che può uccidere il 50% delle persone colpite, da lei identificata in un sito open source.

Da qui la carriera prosegue, con innumerevoli pubblicazioni e premi internazionali. Non solo virologa e ricercatrice di fama mondiale, ma anche deputata per parte della 17esima legislatura, chiamata da Mario Monti,  scrittrice.

Attualmente dirige il centro di ricerca di eccellenza One Health dell’Università della Florida a Gainesville.

 

 

 In questa intervista si parla di:

  • essere ricercatrici (di successo) in Italia
  • l’importanza del merito come metro di giudizio per gli avanzamenti di carriera
  • consigli per le giovani laureate

     

  

Ci racconta i principali traguardi raggiunti nell’arco della sua carriera?

La mia carriera è stata caratterizzata da momenti di grandissima gioia e momenti di grandissimo dolore e smarrimento; è stato un po’ come vivere sulle montagne russe.

La cosa più importante che ho fatto è stata, secondo me, quella di riuscire a mettere insieme un gruppo competitivo di ricercatrici, soprattutto, e di ricercatori che negli anni, grazie anche al loro continuo ed impeccabile lavoro, hanno sviluppato livelli di conoscenza e di esperienza tali da essere divenuti poi dei leader nel loro campo a livello internazionale.

Ci sono poi state attività collaterali che hanno permesso a questo gruppo di essere così forte, battaglie che ho portato avanti, con grande convinzione. Una di queste ha riguardato l’utilizzo di un sistema di vaccinazione  sviluppato dal mio gruppo di ricerca per prevenire l’influenza aviaria. Non meno importante quella per la condivisione dei dati genetici usando piattaforme digitali ad accesso libero.

In quella occasione mi si era  presentata l’opportunità di fare qualche cosa che permettesse un cambio di passo, l’ho colta e l‘ho portata avanti. La voce del mio laboratorio sulla necessità di avere un atteggiamento più trasparente nei confronti di alcuni dati che servono poi a gestire meglio le epidemie è stata molto forte,  a livello internazionale.

Ha avuto dei mentori o comunque delle figure che hanno influito sulla sua storia professionale?

Ne ho avuti tantissimi e ne ho continuamente di nuovi ed a tutti sono rimasta molto legata. In particolare ad Isabel Minguez Tudela, purtroppo scomparsa qualche anno fa, che è stata una figura molto importante, un’amica con cui veramente mi confrontavo. Forse ho un rammarico, che la maggior parte dei miei mentori sono uomini. 

I mentori sono i guard rail della vita professionale, ti danno la capacità di canalizzare le forze per permetterti di andare avanti, oltre a darti delle indicazioni. Sono assolutamente fondamentali nella carriera, non solo per le persone che si occupano di scienza, ma in generale. 

In Italia la figura del mentore è una figura purtroppo poco valorizzata e questo secondo me ha le sue conseguenze.

 

“Io credo che le donne debbano muoversi e chiamare a voce alta il riconoscimento del proprio talento, perché le cose non vengono da sole” 

Ilaria Capua

Io stessa faccio continuamente da mentore a persone interne al mio gruppo di ricerca ma anche esterne, che magari vedono in me delle caratteristiche un po’ peculiari. Mi sono infatti occupata di parecchie cose,  avendo però sempre la scienza al centro.

Durante la sua carriera accademica è sempre stata considerata alla pari dei colleghi o ha notato differenze di genere?

Penso che in Italia, per quanto riguarda la carriera scientifica ed accademica, il problema principale non sia tanto quello legato alla discriminazione delle donne bensì quello del riconoscimento del merito

Il merito, che non è facile da valutare, non è dato soltanto dal numero di pubblicazioni e dalle ore di insegnamento.

Spesso ci sono altri canali di selezione, altre caratteristiche che vengono valorizzate di più: la scelta non viene fatta in base a criteri internazionalmente riconosciuti. E di questo dobbiamo essere consapevoli.

Quali sono secondo lei i fattori che limitano la presenza femminile nelle posizioni di rilievo? Ci sono degli atteggiamenti che le stesse donne possono cambiare per migliorare questa disparità?

Come ho scritto in un pezzo per il Corriere della Sera circa un anno fa, la società ha l’obbligo di non tollerare le scelte professionali che scalzano il merito. Deve invece restituire alle donne che meritano una dignità professionale che si radichi nella competenza e nella professionalità e respinga gli stereotipi.

La situazione recentemente generata dai numerosi “coming out” legati al movimento metoo necessita di una presa di consapevolezza e coscienza da parte delle donne, che rischiano un effetto boomerang.

Questo potrebbe far pensare che altri fattori legati alla vita privata siano determinanti nell’aprire o chiudere una carriera.

Le donne invece devono battersi affinché la loro professionalità venga riconosciuta per quello che vale e sia senza ombra alcuna.

L’Italia e le donne italiane devono spingere affinché si creino sul territorio delle vere scuole di leadership femminile, dove si possa costruire ed esprimere una  leadership senza timidezze né vergogna, senza complessi e senza cattiverie. Io credo che le donne debbano muoversi e chiamare a voce alta il riconoscimento del proprio talento, perché le cose non vengono da sole.

Nel mondo del lavoro si sa che i ruoli più importanti sono in mano agli uomini, ma noi donne dobbiamo anche svegliarci. Se abbiamo il talento dobbiamo tirarlo fuori, dobbiamo gestirlo e dobbiamo essere le prime a volerlo valorizzare e vederlo valorizzato.

Alcuni consigli?

Un consiglio per le giovani laureate è quello di andare all’estero, non perché le cose non si possono fare in Italia ma perché i giovani devono aprirsi la mente. Chi resta nel proprio Paese per sempre fa un danno a sé stesso, alla sua famiglia e a tutta l’Italia. Solo viaggiando potremo avere una prospettiva di dove stiamo andando come comunità e come Paese.

L’Italia poi non può continuare a non avere professionisti stranieri nel proprio tessuto produttivo, imprenditoriale  ed accademico. In tutti i posti in cui  si è competitivi, multinazionali e grandi università, c’è una circolazione di talenti che arrivano da tutto il mondo.

E soprattutto il nostro Paese non può risollevarsi senza far fruttare il talento femminile, perché spendendo forse più della metà del suo budget d’istruzione a favore delle donne, deve riprendersi almeno quanto ha contribuito a formare in quanto a talento, lavoro, idee ed energia.

Le donne non possono accontentarsi di lavori di serie b o di non osare avere il sogno di un lavoro gratificante ed appagante, dopo aver studiato così tanto e, molto spesso, con ottimi risultati.

Per questo le ragazze italiane devono affrancarsi da retaggi familiari e culturali:  dovrebbero riflettere sul fatto che il mondo del lavoro sta cambiando e che non ha senso riproporre dei modelli che sono obsoleti.

Non bisogna rendersi partecipi, o complici, di stereotipi preesistenti ma bisogna avere il coraggio di pensare in maniera indipendente, o meglio di pensare a quello che è meglio per sé stessi e per la propria vita.

Da genitore, consiglio di leggere la poesia di Kahlil Gibran sui figli, nella quale si legge “voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti”.

Voi non possedete i vostri figli, voi siete l’arco da cui scocca la freccia che sono i vostri figli. Come genitori possiamo dare la direzione, il sostegno, poi è il figlio che decide dove andare.

Per concludere alle ragazze direi che è necessario sapere che cosa si vuole. Se si è convinte di avere capacità che non sono riconosciute dal proprio datore di lavoro e quindi, di meritare una promozione che non arriva, primo bisogna andarla a chiedere. E se, nonostante questo l’avanzamento non arriva, si può sempre andare da un’altra parte, invece di lamentarsi.

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One Commento

  • Ilaria Capua non è virologa , è una veterinaria che è stata indagata per il vaccino per l’Italia sull’influenza aviaria , vaccino che si rivelò inutilizzato perchè inutile. Scrivete cose serie e documentate se volete avere attendibilità e reputazione

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