giulia fantacci

ceo e founder labsitters

Giulia Fantacci è la giovanissima founder di Labsitters, startup che insegna l’inglese ai bambini attraverso giochi ed attività divertenti a domicilio. 

Una prima laurea in Economia Aziendale conseguita a Firenze ed una laurea specialistica in International Management a Bologna, diversi anni di esperienza come babysitter e l’essere madrelingua americana hanno fatto da presupposto per la creazione della sua azienda ad appena una settimana dalla laurea.

 

 In questa intervista si parla di:

  • fare impresa partendo dalle proprie passioni 
  • l’importanza del Minimum Viable Product
  • alcuni consigli prima di mettersi in proprio
 
 

Ci racconta brevemente la sua storia e com’è nata la decisione di fare impresa?

Si certo. Io sono Italo americana ma nata e cresciuta in Italia, fin da piccola amavo i bambini e iniziai già a 15 anni a fare la babysitter, prima con cugini e bis cugini (abbiamo una famiglia grandissima, a Thanksgiving siamo 80 parenti diretti). Ho studiato all’università Economia Aziendale a Firenze e poi International Management a Bologna, ma ho sempre lavorato con i bambini anche quando studiavo, avevo la necessità di non pesare sui miei genitori.

Durante gli anni dell’università i bambini aumentavano anche perché avevo iniziato a fare la babysitter in inglese. Mi chiamavano Mary Poppins perché arrivavo a casa di questi bambini con delle borse enormi con tanti giochi, il tutto però sempre e solo in inglese.

Qualche anno dopo durante i miei studi a Bologna non avendo tempo di lavorare e di seguire i miei bambini durante la settimana mi inventai “Having fun in English”. Ogni sabato con i bambini facevamo diverse attività, una visita al museo, una caccia al tesoro, lezioni di cucina, giochi, progetti di arte, eccetera, tutto in inglese.

La tesi magistrale è stata su Labsitters, la mia startup. Avevo studiato e analizzato il mercato ed ero pronta per realizzare il mio sogno nonostante avessi ricevuto molte offerte di lavoro tra cui IKEA, EY, Ferragamo.

Labsitters è l’unione delle mie due passioni, i bambini e quello che avevo studiato, management.

A giugno sono stata nominata da Forbes nella classifica delle 100 under 30 in Italia leader del futuro.

Quali sono i primi passi che ha fatto dall’idea alla costituzione della società?

L’università mi ha aiutata tantissimo, soprattutto il corso di imprenditorialità. Nella tesi avevo già scritto il Business Model ma ho trovato più adatto il Business Model Canvas che aiuta a capire davvero quali sono i competitors, i clienti, la value proposition, costi, ricavi, canali, attività principali in maniera semplice e chiara.

A fine ottobre costituisco Labsitters dopo una settimana dalla mia laurea.

Com’era la sua giornata tipo nei primi mesi di attività?

Bellissima ma tosta. Io ero sola e facevo tutto, marketing, colloqui per trovare le Labsitters, formazione, fatture ai clienti, ricerca di partner con cui collaborare, social media e laboratori con i bambini. Nonostante ciò ero felice, non sentivo la stanchezza perché era un sogno che si realizzava.

Dove ha trovato i fondi e le persone giuste con cui collaborare?

I fondi sono arrivati dopo un anno e mezzo che avevo costituto Labsitters. Siamo entrati nel percorso di accelerazione di Nana Bianca promosso dalla Fondazione CR di Firenze e Fondazione per la ricerca e l’innovazione.

Le persone con cui collaborare le ho trovate abbastanza facilmente, all’inizio raccontando Labsitters anche sui social è arrivata Rachele, laureanda in scienze dell’educazione, che mi ha aiutato a scrivere la formazione per le Labsitters, poi amici che hanno creduto nel progetto e mi hanno dato una mano, chi per brevi periodi chi per più lunghi come Eleonora, Caterina, Costanza, Sofia, Victor, Stefanie, poi sono arrivate le altre. Molte ragazze che lavorano con me in ufficio sono ex Labsitters, ovvero prima lavoravano solo con i bambini e adesso fanno tutte e due le attività. Credo che chi lavori come Labsitters sia in grado di lavorare meglio anche in ufficio sapendo quali sono le dinamiche dei laboratori, dei clienti eccetera. Durante la formazione lo diciamo sempre, si può crescere all’interno di Labsitters.

Quali sono alcuni aspetti del fare impresa che ha sperimentato e di cui nessuno le aveva parlato?

Che all’inizio sei solo e che devi “combattere” per farti notare, per trovare fondi e per trovare gente con cui lavorare, e per combattere intendo anche lavorare tanto, metterci tutta la passione e amore che hai nel progetto.

Ha avuto dei mentori o comunque delle figure che hanno avuto importanza per la sua attività?

Assolutamente sì, ne ho avuti tanti che mi hanno aiutato in questi due anni, a partire dai fondatori di Nana Bianca: Alessandro Sordi, Paolo Barberis e Jacopo Marello.

Paolo Fiorini amico di famiglia consulente di marketing che mi ha aiutato su diversi fronti.

Mio padre imprenditore mancato (come dico io), ex manager di importanti aziende in Italia, che mi ha spinta a contattare realtà molto grandi e mi ha dato consigli molto preziosi.

Quali sono stati gli insegnamenti o le esperienze fatte in precedenza che le sono state più utili quando è diventata imprenditrice?

Stare con i piedi per terra e fare pochi passi alla volta.

Validare il Minimum Viable Product (il prodotto minimo funzionante), cioè iniziare subito a vedere se l’idea funziona nel mercato e aggiustare dall’inizio il prodotto/servizio prima di spendere tanti soldi per un prototipo che magari a nessuno interessa una volta sul mercato.

Leggere libri come quello di Eric Ries “The lean startup” in italiano “partire leggeri” che parla proprio di quello che dicevo prima e libri come Business Model Generation, Startup in 21 giorni e tanti altri.

Quali consigli darebbe alle neolaureate con l’idea di fare impresa?

Informarsi sulle strutture che ti possono aiutare come incubatori ed acceleratori, trovare qualcuno che ci è già passato, partecipare a eventi sulle startup, leggere Startup Italia, formare un bel team ma prima di tutto crederci tanto e non smettere mai di sognare.

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