bianca del genio

head of legal and strategic projects, Nexi

Dopo una laurea in Legge presso l’Università di Napoli Federico II e due Master in diritto, economia e politica dell’Unione Europea, Bianca Del Genio ha lavorato per più di 13 anni in Buongiorno spa fino a ricoprire il ruolo di Legal and Corporate Executive. Dopo alcuni anni come Head of Legal and Corporate Affairs di Microsoft Italia è approdata in Nexi di cui è tuttora Head of Legal and Strategic Projects.

 

 

 

 In questa intervista si parla di:

  • l’importanza di fare un’esperienza internazionale
  • il ruolo fondamentale del mentor

  • l’esigenza di affrontare il tema della diversity attraverso azioni reali

     

  

Ci racconta brevemente la sua carriera? Quali sono stati i maggiori ostacoli che ha incontrato durante il percorso? Quali le maggiori soddisfazioni?

Mi sono laureata in giurisprudenza a Napoli; dopo un percorso di studi tradizionale-pubblicistico, ho colto l’occasione per approfondire le lingue straniere che sono sempre state una mia passione, e mi sono specializzata in diritto, economia e politica dell’Unione Europea, all’Università di Napoli e al Collegio Europeo di Parma. Erano gli anni del grande sogno dell’UE e così subito dopo sono partita per Bruxelles e ho fatto una bella esperienza prima presso la Commissione Europea, poi in uno studio legale.

Partire con una valigia enorme, senza sapere per quanto tempo, trovare un gruppo di ragazzi di diversi Paesi europei con cui condividere un appartamento, scoprire il freddo vero in uno degli inverni più ghiacciati del secolo, risparmiando su tutto pur di andare a ballare o trascorrere weekend nelle altre città del nord Europa: è stato un periodo strepitoso, di gioia pura sia perché si realizzava il sogno dell’Europa, sia perché ho conosciuto quanto sia stimolante vivere in un ambiente multiculturale dove condividere l’ufficio con una collega andalusa e trascorrere serate a sentire testimonianze dirette sul muro di Berlino era la norma.  

Poi sono rientrata in Italia e da lì uno studio legale internazionale dopo l’altro mi hanno portato a fare, alla soglia dei 30 anni e in pieno boom di internet, un salto nel vuoto, che poi si è rivelata una grande fortuna. 

Sono entrata in una piccola start up che aveva l’obiettivo di quotarsi a breve e che poi è diventata, e lo è rimasta per alcuni anni, l’azienda più grande al mondo nel proprio piccolo mercato. 

 

“Penso che viviamo in un mondo lavorativo creato da uomini, a loro misura, e che noi donne siamo sempre state sottovalutate o forse anche temute e quindi tenute fuori da certe logiche di sistema” 

Bianca Del Genio

Telecomunicazioni e IT era il settore: la quotazione, lo sviluppo internazionale, grandi viaggi, team multietnico, il sogno imprenditoriale di un gruppo di amici, che poi sono diventati anche i miei amici.

Dopo Buongiorno, c’è stata Microsoft, il gigante della tecnologia, i suoi valori, i processi interni e la forza dell’innovazione e il suo impatto nel mondo. Adesso Nexi, con il suo messaggio di cambiamento digitale in un settore tradizionale, come quello dei pagamenti e con un progetto di crescita unico sul mercato e stimolante dal punto di vista operativo e strategico.

Ha avuto dei mentori o comunque delle figure che hanno influito sulla sua storia professionale?

La figura del mentor è qualcosa di cui ho sempre avuto bisogno. Sono donna del Sud e ad una certa età ho imparato a moderare le emozioni, ma da giovane, tenerle a bada era una vera impresa. Mi sono fatta aiutare spesso da colleghe, qualche volta colleghi, in cui ho riconosciuto l’esperienza, l’approccio empatico, e di cui ho apprezzato il modo di lavorare e l’impatto che avevano tra le persone. I miei mentor sono stati sempre il simbolo del valore per me più importante che è quello della libertà, dagli schemi precostituiti, dalle regole troppo rigide, dal già visto. Con l’età sono diventata a mia volta mentor: trovo sia un’occasione di scambio che fa bene ad entrambe le parti e le “mie ragazze” sanno che da me troveranno sempre un appoggio.

Durante la sua carriera è sempre stata considerata alla pari dei colleghi o si è sentita in dovere di dimostrare qualcosa di più?

La parità sul lavoro è ancora un concetto astratto. E più passano gli anni più ne abbiamo le prove. La lotta di #metoo per un’equiparazione dei salari è importantissima, ma è anche la conferma che noi donne siamo sempre state pagate meno dei colleghi uomini, ovunque nel mondo. E questa è una vera ingiustizia, perché non c’è una ragione per questo.

La conta delle donne ai vertici delle aziende o nei consigli di amministrazione, malgrado leggi e buone abitudini, rimane un dato molto basso: qualcuno ne conosce la ragione? Leggiamo ricerche che sostengono che la colpa sia delle donne, perché non sono coraggiose, amano stare a casa, mettono la maternità al primo posto rispetto al lavoro, preferiscono stare nell’ombra.

Penso invece che viviamo in un mondo lavorativo creato da uomini, a loro misura, e che noi donne siamo sempre state sottovalutate o forse anche temute e quindi tenute fuori da certe logiche di carriera; ma, essendo brave e affidabili, siamo state tenute dentro alle logiche del servizio, e questo spiega il numero enorme di donne ai livelli non apicali. So che la mia è una constatazione molto dura, ma il tema della diversity, secondo il mio parere, merita molto più che affermazioni di principio e belle dichiarazioni cui spesso si dà visibilità: essa ha bisogno di azioni reali, programmi chiari, obiettivi alti che ciascuno, la società, le aziende, le famiglie si devono dare; è un dovere che abbiamo nei confronti delle nostre figlie e delle ragazze che verranno.

Che consigli darebbe alle giovani laureate che si stanno affacciando al mondo del lavoro per emergere e dimostrare le proprie capacità?

Le giovani laureate devono trovare motivazione, cercare mentor che raccontino loro quanta soddisfazione si prova a lavorare, accudire una famiglia, uscire con le amiche, dedicarsi a sé stesse e che l’una cosa, il lavorare, dandosi anche obiettivi importanti, non esclude le altre.

Le giovani laureate devono partire e fare esperienza all’estero, e perdere la bussola per un po’ perché solo così possono ritrovarsi; devono avere il coraggio di essere libere e di imporre i propri schemi e i propri valori, devono fare squadra perché da sole non si arriva alla meta. E soprattutto devono essere brave, ma non perfette!

 

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