ilaria tiezzi

ceo brandon group

Dopo una laurea in Economia all’Università Bocconi di Milano, Ilaria Tiezzi ha lavorato in Mediaset, dove ha contribuito al lancio della prima piattaforma digital video broadcasting, è stata consulente di strategia direzionale presso The Boston Consulting Group, strategy manager in Sky e Vice Presidente per V-Nova Ltd.

 

Attualmente è Ceo di Brandon Group.

 

 

 In questa intervista si parla di:

  • il ruolo dei partner nella conciliazione
  • il leading by example
  •  alcuni consigli per le giovani

     

  

Ci racconta brevemente il suo percorso lavorativo, i successi e i momenti più critici della sua carriera?

Dopo la laurea con lode in Economia alla Bocconi, ho iniziato subito a lavorare in grandi gruppi italiani e internazionali e ad occuparmi di progetti strategici di crescita e di espansione commerciale attraverso il lancio di piattaforme e servizi digitali dal forte contenuto innovativo.

In particolare in Mediaset ho contribuito al lancio della prima piattaforma DVBH – per trasmettere contenuti televisivi su dispositivi palmari come i cellulari e gli smartphone – a livello mondiale; dal 2006 per cinque anni sono stata consulente di strategia direzionale in The Boston Consulting Group nell’ambito dei settori TMT (Tecnologia, Media e Telecomunicazioni) e Consumer Goods; nel 2011 sono passata a Sky Italia, dove mi sono occupata di strategia multipiattaforma, partnership commerciali e innovazione. Dal 2012, oltre al lavoro, mi sono anche dedicata con grande soddisfazione alle attività di docenza in Bocconi fino a quando nel 2015 mi sono trasferita a Londra per ricoprire il ruolo di Vice Presidente in V-Nova Ltd, startup diventata dopo qualche anno un player globale nell’offerta di soluzioni di compressione dei video.

È stato un periodo molto faticoso perché mi spostavo continuamente tra l’Italia, l’Inghilterra e i frequenti viaggi di lavoro in America, Africa e Asia, ma anche estremamente stimolante e ricco di opportunità di crescita professionale.

Quando a metà del 2017 è nato il mio bambino, insieme a mio marito abbiamo deciso che l’Italia sarebbe stato il Paese migliore in cui crescerlo assieme, vicini alle nostre famiglie.

Come tutte le neomamme, al rientro dalla maternità mi sono quindi affacciata al mercato del lavoro italiano con qualche timore, anche se devo ammettere che ho ricevuto quasi subito proposte da grandi gruppi internazionali del settore digitale. La mia scelta, però, è ricaduta su Brandon Group perché oltre a trovare entusiasmante la sfida di portare la società a crescere sui mercati internazionali, è scattata da subito un’alchimia speciale con la fondatrice Paola Marzario, con cui condivido il ruolo di mamma e manager.

Ci descrive una sua giornata tipo?

Frenetica. Mi alzo alle 7.30 per avere il tempo di svegliare il mio bambino e fare con lui colazione prima di portarlo all’asilo. Tra le 9 e le 20 – incluso un panino alla scrivania in compagnia delle mail arretrate – sono impegnata in riunioni interne oppure con clienti e partner.

Per fortuna, con mio marito abbiamo raggiunto l’accordo per cui entrambi dobbiamo essere a casa tra le 20 e le 20.30 in modo da non rinunciare al tempo con nostro figlio e goderci un’ora e mezza di vita familiare. Così possiamo cenare insieme, giocare o leggergli libri di cui è appassionato prima di metterlo a letto. E dopo averlo fatto addormentare, spesso, passiamo il resto della serata alla scrivania, uno di fronte all’altro, con il computer aperto a concludere il lavoro della giornata.

Come si fa a essere mamma e Ceo. Che consigli darebbe a chi ha paura di non poter conciliare sfera privata e professionale, perdendo magari occasioni importanti?

Prima di tutto è fondamentale avere un partner collaborativo con il quale creare un rapporto basato su stima e rispetto reciproco in cui alla dimensione affettiva si affianca un supporto concreto per aiutarsi reciprocamente a perseguire la rispettiva realizzazione personale e professionale. Quando si crea una famiglia, il rapporto deve diventare un sodalizio. Ed è l’unico modo per riuscire a portare avanti tutti gli impegni, familiari e lavorativi, senza che nessuno dei due debba rinunciare alle proprie ambizioni.

Il mio percorso professionale, specialmente quello in consulenza, si è svolto in ambienti prevalentemente maschili, dove sono ancora rari gli esempi di donne in ruoli executive. Sento quindi una particolare responsabilità nel ricoprire un ruolo apicale perché mi permette di contribuire quotidianamente a rendere obsoleti quei pregiudizi e stereotipi che vedono le donne costrette ad un aut-aut tra la propria realizzazione personale e quella professionale. Per fortuna esiste una terza via, in cui con l’impegno e il supporto del proprio partner, si possono coronare i propri sogni di realizzazione personale anche al di fuori della famiglia.

Inoltre, in questi anni ho imparato che non dobbiamo lasciarci spaventare dalle difficoltà: se le donne sono multitasking, le madri lo sono ancora di più perché sanno di dover essere iperfocalizzate, ancor più efficaci ed efficienti durante il corso della giornata se vogliono tornare a casa e godersi anche la dimensione intima di moglie e mamma.

Cosa possono e dovrebbero fare le donne per poter diminuire la disparità di genere? Che atteggiamenti devono cambiare?

Innanzitutto essere più proattive e coraggiose: dobbiamo uscire dalla nostra confort zone, accettando sfide per le quali non necessariamente siamo certe di esser pronte. Prendiamo spunto dagli uomini. Iniziamo a chiedere promozioni e aumenti retributivi senza sentirci in colpa o aspettare che dall’alto, prima o poi, qualcuno si ricordi di riconoscere il nostro lavoro. Solo così riusciremo ad ottenere ciò che ci spetta senza autosabotarci.

Infine, ritengo fondamentale il leading by example: insieme a un ruolo di potere si acquisisce visibilità e di conseguenza anche la responsabilità di dar seguito con azioni concrete ai principi di parità di trattamento e meritocrazia che giustamente dobbiamo pretendere sin dal nostro ingresso nel mondo del lavoro.

Io cerco di promuovere quotidianamente i valori che mi rappresentano: quando si arriva al vertice bisogna agire in modo coerente e dare l’esempio in prima persona, senza replicare comportamenti discriminatori.

Alcuni consigli?

In aggiunta a quanto dicevo prima, vorrei condividere tre consigli – che mi vengono direttamente dall’esperienza – rivolti soprattutto alle ragazze più giovani:

– mettere una buona dose di razionalità nella scelta del proprio percorso di studi universitari: le materie STEM sono quelle che oggi e nei prossimi anni daranno maggiori opportunità di crescita professionale e retributiva.

– iniziare sin dall’università un percorso di crescita internazionale, non solo per padroneggiare altre lingue ma per acquisire una mentalità più aperta grazie a esperienze anche lontane dalle nostre abitudini.

– avere il coraggio di perseguire percorsi non convenzionali credendo nelle proprie intuizioni e passioni. Quando ho scelto di iscrivermi al corso di laurea in “Economia per l’Arte, la Cultura e la Comunicazione” non erano chiari gli sbocchi professionali che avrei potuto avere ma ho creduto che capacità di adattamento e determinazione mi sarebbero stati di aiuto per distinguermi in un mercato del lavoro sempre più complesso. Oggi è ancor più necessario sapersi ritagliare progressivamente una professionalità scardinando ruoli preconfezionati con un approccio flessibile e creativo in un mondo del lavoro in continua evoluzione.

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